Gli Angeli s’incamminano nella densa luce che avanza. Portano con loro i lividi nascosti delle loro vite passate. Lasciano scorrere tra i loro corpi il silenzio. Solo il rumore dei loro passi nella foresta. Ognuno rinchiuso nel suo palpito interno, che accelera ad ogni minima ombra fugace. Nemy pressa violente le labbra tra loro. Con la coda dell’occhio osserva Black. Le sue splendide ed enormi ali, come tenebre lisce e vive. Quanto desidererebbe trovare un modo per riaverle. Per tornare ad essere quello che era. Ma che cos’era alla fine? Forse l’amalgamarsi di distorte maschere, condensate nell’illusione di essere realmente qualcosa. Si sente così dispersa Nemy. Come un satellite disperso nell’universo. E pretende così tanto da lei l’organo che ha innestato nel petto. Pretende che lei senta fino al midollo di ogni emozione. Pretende che riesca ad affrontare tutti i suoi demoni. Ma non sarebbe più comodo spegnersi definitivamente? Nemy distoglie lo sguardo da Black, che prosegue con gli occhi chiusi. Ma dove sta il limite del sentire? Dove sta il limite del dolore? Troppe domande che sibilano. Troppi proiettili dritti nella carne.


Black cammina al fianco di Nemy, nella luce ambrata della radura. Vorrebbe dirle qualcosa, ma si limita ad ascoltare i suoi pensieri. Sigilla le labbra, chiude gli occhi e apre le sue ali bianche. E’ il modo migliore per ascoltare. Lascia lo sguardo di Nemy accarezzarle le ali. Sente il suo desiderio di riaverle per tornare ad essere se stessa. Una creatura stupenda. E’ questo che Nemy è per Black, una creatura fragile e dolce, da amare e proteggere. No, non permetterà che le accada qualcosa. Avverte i suoi dubbi, il suo stato d’animo turbato dai pensieri di un’alba fragile. Troppe serpi che entrano. Black apre gli occhi e abbraccia Nemy, sfiorandole la schiena dolcemente. Osserva le sue ali nere crescere piano. “Te l’ho detto, devi solo imparare a viverle e a sentirle. Alzarti in volo richiede tempo, ma dipende da te.” – le sussurra piano all’orecchio, respirandole sul collo. Si distacca, la guarda negli occhi. Le mostra l’immagine di quando volerà. “E’ un’emozione che puoi darti solo tu, ma posso aiutarti a realizzarla.”
Le da un bacio sulla fronte e le prende la mano. Continuano a camminare così. Le ombre della notte precedente sembrano disperse. Almeno per il momento.


Mano nella mano le Anime avanzano nel giorno. I raggi del sole trafiggono con devastante dolcezza gli alberi. La foresta si disperde dietro alle enormi ali di Black e alle piccole neonate di Nemy, che sembrano vibrare di vita propria di tanto in tanto. Nemy ripensa al buio negli occhi di Black. Per quale motivo le sue iridi avevano accolto le tenebre improvvisamente? Era preoccupata per qualcosa. Lo sapeva. Ma era forse l’arrivo di qualcuno a farla tremare tanto? Nemy scrutò a lungo la dolce Amica continuare a camminare. Un calmo sorriso aveva dipinto sulle labbra. Come faceva d’un tratto ad essere così calma? “Black.. Da chi stiamo scappando?”

Continuano a camminare nel silenzio leggero della radura. Black sa che Nemy la guarda e la scruta per capire cosa o chi si nascondeva nelle tenebre impresse nelle sue iridi fino a poco prima. “Black.. Da chi stiamo scappando?” – sente la voce cauta e preoccupata della sua Amica accarezzarle i pensieri.
“Stiamo solo facendo una passeggiata, non preoccuparti.
Qui siamo al sicuro.” – non c’è convinzione nel suo tono incerto.
“Davvero, Nemy, niente può farci del male…solo i sogni.
A volte capita che diventino reali. E il sogno che mi ha turbata stanotte lo è.
L’ombra che avverti fa parte di me, che io lo voglia o no. Te ne parlerò a tempo debito. Non sei ancora pronta per conoscere la mia storia.
Per ora ti basti sapere che darei la mia vita per te.”
Le accarezza i capelli, gli occhi velati da ricordi instabili. Non vuole piangere, non vuole apparire fragile. Ora non può permetterselo.
“Vieni, ti porto in un posto. Aggrappati a me, ma tieni le ali aperte.
Questa è la tua prima lezione.” Sorride piano.

Prende la mano di Nemy e si alza in volo. Senza farla sedere sulla sua schiena. Le ha promesso di aiutarla. Si limita a tenerla stretta.
Le grandi ali bianche di Black graffiano il cielo azzurro, affiancate dalle piccole ali nere della sua Amica. Dirette in un posto colmo di ricordi dolci, ma sottili e affilati come le lacrime silenziose che sfiorano viso di Black.


La radura abbandonata pareva gelida, ma questo luogo si rivela essere ancora più scuro e desolato. Tuttavia vi è una luce, disciolta nel terreno, che pulsa ad intermittenza. Una luce che libera bagliori confusi. Nemy spalanca gli occhi. Lo stupore penetra come brivido liscio sottopelle. Vede immacolati corpi d’avorio racchiusi in alte scatole di vetro. Galleggiano in liquidi movimenti. Imponenti ali nascondono i loro occhi. Sono ali talmente grandi da crepare il violento vetro che li costringe. Nemy si inginocchia davanti a tanto splendore. Sente Black dosare un sottile silenzio, mentre la sua mano le stringe la spalla. “Chi sono Black? Perché mi hai portato qui?”


Il Santuario. Da quanto tempo Black non varcava quei confini? Troppo. Continua a ripetersi che non è colpa sua, che non poteva. Ma invece avrebbe dovuto. Per se stessa, se non per Loro. Nonostante quel luogo non le sia affatto estraneo, Black si perde nella meraviglia delle luci che lo pervadono. Contempla stordita e commossa le Anime sospese. Stordita dai loro sguardi apparentemente spenti. Commossa dalle loro ali fiere che tagliano il vetro. Crolla sulle ginocchia, sconfitta, e i pugni raccolgono terra che graffierà le unghie. “E’ colpa mia…solo colpa mia. Potrete mai perdonarmi?”, sussurra tra i singhiozzi che le pervadono la gola.






Ci sono livide corrispondenze che serpeggiano sotto la pelle.
Sussurri acuminati,
che lasciano strisce di fuoco con la loro saliva.

Nemy sogna irrecuperabili risposte.
Sogna di correre, nel vuoto, in una notte derubata di stelle.

Vede ombre liquide torcersi nella penombra,
allungarsi verso di lei.

Sogna lo sguardo traboccante d’emozione
del suo Creatore.

Vi era troppo orgoglio e speranza
in quel cenno d’anima.
Troppa speranza
per un ribelle spirito
che desiderava essere consumato dalle
passioni umane.



Black chiude gli occhi. Lascia le tenebre entrare, a fondo. Non ne ha più paura. Le conosce e ha imparato a controllarle. Sente Nemy agitarsi nel sonno, ma per poco…viene inghiottita dal buio. E’ in piedi, sul bordo di un precipizio instabile. Indossa una veste bianca velata. Mani e piedi legati ad un palo d’albero sottile…non può scappare. Lui si sta avvicinando. Lo sente. Avverte quell’odore di pioggia pungente e acida logolarle le narici e graffiarle l’anima.Vorrebbe urlare, reagire, staccarsi da lì e prendere la katana ai suoi piedi per affrontarlo. Ma anche se potesse farlo, non servirebbe a nulla. Lui la distruggerebbe comunque. Lo fa ogni notte. I suoi passi leggeri spostano l’aria rarefatta di quel sogno. Finalmente, l’attesa è finita. La sua lama fredda e indifferente si posa sulla guancia destra di Black, sfiorandola fino al petto. Sa Lui cosa vuole, sa che può solo ferirla per ora. Black risplende al buio…è l’unica possibilità di salvezza. La pelle brucia. Black sanguina dalla spalla destra. Riesce ad urlare. Urla tanto forte da svegliarsi. Seduta in mezzo a letto, nel buio della notte, si sfiora la pelle candida. Ed eccola lì, quella ferita. Il rivolo di sangue la percorre piano, attaccandole addosso un tessuto strano. Si rende conto di indossare davvero la veste bianca. “No, non può essere” – sussurra al vento, lo stupore negli occhi. Non può più dormire per stanotte. Si alza, va al laghetto. Prende l’acqua con le mani e la riversa piano sulla ferita. Non vuole che Nemy la veda così. La ferita guarisce, ma stavolta la cicatrice resta. “Lui è tornato” – sussurra di nuovo al vento. Controlla Nemy, dorme. Spera che sia al sicuro nei suoi sogni. Le scosta i capelli dal viso sereno. “Non lei, ti prego” – sussurra di nuovo al vento. Torna a letto e guarda la radura.



L’alba schiarisce rosso sangue all’orizzonte.
I lividi della notte percorrono gli ultimi brividi nel vento.
Nemy apre gli occhi,
si volta verso la sua dolce Amica.

Ne osserva le lunghe ciglia
come tenebre chiuse su gelosi segreti,
le labbra premute forte,
il viso con un solco raggrinzito.

Aggrotta le sopracciglia. Non ricordava di averlo visto
la notte precedente.

Le dita sfiorano la cicatrice.
Black spalanca gli occhi,
l’oscurità distillata nei suoi occhi.

Nemy la guarda
e capisce che qualcosa sta per
arrivare.



Black non ha bisogno di aprire gli occhi per sapere che è l’alba.
Sente quella luce sfocata accarezzarle il viso, come lo sguardo della piccola Nemy. 
Si volta verso di lei.

Le tenebre di quella notte sono ancora sigillate nei suoi occhi, ma strisceranno via e, come serpi sinuose, scivoleranno nei pensieri di Nemy.
La guarda intensamente, mentre sfiora piano la cicatrice.
Lei ha intuito. Ma non sa quanto antico sia quell’oscurità. 
“Tranquilla” – sussurra Black.
Un po’ a Nemy.
Un po’ al vento.
Un po’ a se stessa.







Nel turbinio dell'oscurità che vento ingoia vedo universi placarsi in torbide luci soffuse. Sento canti lontani, temporali sconnessi in palpebre che lente si chiudono per sfiorare la bagnata consapevolezza del non ritorno. Ero stata lanciata sulla terra, nel fango, nella disperazione per scavare l'interno con le unghie, per far riemergere il mio buio ritmo pulsante. E tu mi trascini via, nella polvere di una notte sottile, in boati intermittenti di pulsar che sradicano respiri. "Ti porto via. Con me" Cosa troverò una volta tornata lassù? Forse schiantata a terra le membra dolevano ma aveva un senso, davanti al Creatore d'Iridi Immobili come mi mostrerò? Non è per il tuo volere che mi riaccetteranno tra gli angeli. La diversità sarà ancora più corrosa sulla pelle.



Black avverte la preoccupazione di Nemy. Può sentirne i pensieri. "Cosa avresti trovato ancora continuando a restare schiantata a terra? Non abbiamo nulla da perdere. E tu, creatura, non devi temere nulla. Non ti riporterò dal Creatore, l'hanno avvelenato le mie ali prima di venire qui. Era un farabutto. Non ti restituirò agli angeli, non sono pronti e tu nemmeno. Per ora resti con me. Devi imparare ad accettarti. Devi imparare a volare..." Le sue parole suonano amorevolmente severe. Sì, si prenderà cura di Nemy. Ormai la sente sua. Non può lasciarla. Non vuole. "Sei mia." sussurra al vento tiepido di luccichii notturni. E così, con Nemy stretta a lei, si tuffa in nuvole di vaniglia e porpora.


In parole vitree la luce che alimenta conforto, dolcezza decisa che penetra in vena. 
Nemy si stringe a Black nel secondo che precede il vuoto. 
Mai aveva udito parole così piene, tenere di vivida forma.


Black sfiora le mani di Nemy, portandole sulle sue ali.
"Dove vuoi andare?"Dolcemente prende una sua piuma, la trasforma, facendone una rosa bianca, e gliela porge."Mettila tra i capelli, ti starà d'incanto."
Sorride e continua a volare.


"Voglio un posto dove non sorga mai il sole. Dove la luna possa esplodere in un tremito ogni secondo"



"Ti porto a casa."
Così dicendo, Black si dirige verso la sua radura.
"Lì anche la luce del sole, filtrata dagli alberi, sembra quella della luna."


Nella radura che luce gelosamente conserva. 
Come dolce anelito di vita ricreata Nemy
 finalmente sente il cuore pulsare di quella calda tenerezza che anche le iridi invade con la segreta voce delle stelle.


Black continua a volare con Nemy stretta a lei, finchè dopo poco non atterra dolcemente. Il terreno è fresco e accogliente come l'ha lasciato. Gli alberi sussurrano come sempre parole al vento. Parole che giungono fino a lei..."Bentornata" dicono. S'incanta ogni volta a guardare quell'intreccio di rami che accarezza il cielo e respira la terra. Eccolo lì, il suo piccolo mondo segreto. Nessuno sa dove sia. Nessuno può arrivarci. Dall'alto la vegetazione sembra così fitta da deludere ogni minima speranza di entrarci, ma sotto crea uno spazio arioso, circolare. Uno spazio in cui la luce filtra quel tanto che basta per rinfrescare l'anima senza ferire gli occhi. Black lascia scendere Nemy e richiude le ali. Non ne ha più bisogno. Non lì. Respira profondamente ad occhi chiusi ogni piccola sensazione che la sua casa le lascia sulla pelle chiara. "Benvenuta, Nemy. Qui siamo al sicuro." Così dicendo prende dalle mani di Nemy la rosa bianca che le aveva dato prima. La poggia a terra, dopo averla sfiorata con le labbra. In un attimo, tutt'intorno a loro ai piedi degli alberi, fioriscono rose bianche dal nulla. Ai piedi di Nemy, invece, ne spunta una sola. Piccola e delicata. La prende e la mette dolcemente tra i capelli della sua nuova amica. "Ti sta d'incanto." le sorride e guarda commossa la radura.


L'universo ghiacciato in alto in stelle roventi che succhiano le tenebre. Come può essere strana la libertà di un corpo adagiato a terra, un corpo che amplifica vibrazioni attraverso una scatola nel petto, un corpo a lungo trascurato e martoriato ora avvolto dal buio, in liquide e pallide membra bagnate da temporali passeggeri, lavata da battaglie mai esistite. Come può essere la felicità?


"Non chiederti come può essere la felicità. Vivila."

Così dicendo, Black prende le mani di Nemy e la porta al centro dela radura. Si inginocchia per poggiare il palmo della mano destra sul terreno. Un lago , piccolo e fresco, si stende ai loro piedi, lasciando intravedere il ruscello che lo alimenta proseguire fin oltre la radura.

Black forma una coppa con le mani e lava il viso cupo di Nemy.
Poi si bagna di nuovo le mani e le sfiora la schiena.

"Adesso splenderai e volerai di nuovo, piccola Nemy" e mentre sussurra queste parole al suo orecchio, ammira lo spettacolo delle ali di Nemy mentre sbocciano. Sorride.


In nervi di dolore che febbricitante brulica sottopelle fuoriescono piume inumidite dallo sguardo della luna. In vivide forme di riflessi volanti, drappeggi di lacrime assaporate, enormi silenziose ombre nere si dischiudono in un tremito sciolto nel nero della notte che trattiene il respiro. Il calore nel cuore che sale al viso, le gambe che tremano e si stendono. Nella mia nudità mi sento stella violentata riportata al ventre dell'oscurità. "Grazie Black"


"Non ringraziarmi, piccola Nemy. Sappi però che non è ancora tempo di alzarti in volo. Devi imparare a sentirle, a respirare con esse, a pensare con esse."

La meraviglia degli occhi di Black si avvinghia avida allo sguardo lucente di Nemy, ferendone gli iridi con la sua luce. Quel tanto che basta per farla entrare in simbiosi con la radura. Le ombre delle loro ali giocano ad intrecciarsi in rivoli di segreti e speranze, sul terreno umido delle lacrime fiere di entrambe.
Black accarezza la guancia destra di Nemy e poi le sue ali nere e profonde, in netto contrasto con le sue, bianche e leggere.

"Adesso è meglio lasciar andare la notte e dormire. Probabilmente stanotte farai sogni strani, ma non dovrai badarci."

Dal nulla spunta un enorme nuvola porpora a forma di letto. Resta sospesa tra il tutto e nulla delle loro anime, con una picchola scala per invitarle ad abbandonarsi al sonno. La prima a salire è Black, per tranquillizzare la sua piccola amica.

"Ricorda, niente qui può farci del male." - solo i sogni, vorrebbe aggiungere. Ma Nemy lo imparerà col tempo. "Buonanotte, dolce creatura. A domani."











La torre. In alto. 

Grida.

Sono stanca di credere. 

Un lampo negli occhi. Nuova visione che scorre al contrario. Di immagini spezzate in un boato che scuote le membra. Siamo vuoti contro un muro, nella nostra incapacità di sentire sinceramente, nel pazzo desiderio di portare ogni cosa oltre la realtà, di amplificare il fuoco per erodere ogni organo. Dobbiamo sentire nella carne, dentro, in vena. Nello splendido martirio di un'emozione che si uccide per donarci tutto il suo sangue. Tra le polverosa lenzuola di una notte stretta al vertice del buio vedo. Incaute figure divincolarsi in bagnate movenze, cristalli tintinnano su quella che credo sarà l'arma della mia morte. Il vetro sottopelle per scarnificare le ali dalla mia schiena. Creatore di vivide iridi. 

Sento il pugnale scavare, penetrare nella pelle come suono intermittente di una musica sconosciuta, che mi ridesta ad umane emozioni. Nel dolore che sventra la schiena ed elettrico possiede lo stomaco ricordo la forma che mi è stata donata, denti su labbra secche, il gonfiore di un battito che sale al viso. 

Le ali cadono a terra. Nella polvere frantumano l'esistenza. Dolce Dio io ho scelto di vivere nell'oscurità perchè la luce qui è più accecante e penetra in vena violenta, senza alcun filtro. 


La torre.
In alto. 
Resta muta. 
Mentre cado nuda tra dimensioni di corpi che non riconosco,
mentre sbatto violenta a terra e stringo ancora gli occhi. 
Ancora. 
Fino a che il tuono squarcia il cielo e la mia pelle rimargina le ferite. 
Guardami qui. 
Nella tua iride. 

Immobile.



Black non è lì. Eppure respira la sua anima, l'anima di Nemy.
E' forte quel che le entra dentro, attraverso le narici.
Si controlla, ha imparato tempo fa.
Continua a respirarla con violenza, portandole le mani alla gola dolcemente. Per tenerla ferma.
Estrae la katana e con eleganza le lascia un taglio sottile sul polso destro. Assaggia il rivolo porpora che ne esce.
"Mi piaci" sussurra, ma in realtà non ha parlato. 
Le sue labbra non si sono mosse. Black resta immobile. Apre piano le ali. Le lecca l'anima, per farla ardere come la sua.

                                                        E vola via.



Il sogno ruvido che s'increspa in labbra bianche, sporche di tremiti vanificati. Guardami ora come appassita risorgo, in stanze dove luce ha bruciato ogni mio lembo di pelle. I solchi nelle mani scavati da vetri di una luna spezzata a metà. Come può essere l'attenderti in concentrici sentieri, che si ripetono in strade mai oltrepassate. Vi è un limite, un limite che non riesco ad oltrepassare, l'invalicabile sosta del sentirti lontano, disperso in contorcenti suoni.



Black avvicina il palmo della mano destra a quello di Nemy.
Fa passare tutta l'energia che può sottoforma di flash elettrici e lunatici, armati del senso spietato delle loro anime intrecciate in quell'istante. Lascia che si parlino a lungo, prima di staccarsi.
"Così avrai sempre un po' della mia luce con te. Con tutto ciò che questo comporta." La guarda attentamente e a fondo. Non vuole farle del male, le piace. Quindi, si volta per andarsene.
"A te la scelta di farmi restare. In quel caso riuscirò a controllarmi..."



La luce sventra il petto. Uno squarcio che solidifica un grido nell'umida penombra. Le unghie violente sulla schiena di Black, rivoli argentei che infettano dita percosse da tremiti violenti. L'elettrica allucinazione invade le iridi inghiottite dal buio. Soffoca il respiro. Occhi dilagano in bianco riflesso. "La tua luce potrebbe essere la mia dannazione e anche l'unico modo per sradicare le mie radici ed instillare l'apocalisse in vena" Il viso di Black impassibile, gli affilati lineamenti in sguardo ardente. "Eppure desidero che tu non controlli il tuo sentire"



Black, impassibile, sfila le unghie di Nemy dalla sua schiena, che si rimargina in un attimo.
"Dannazione e apocalisse nella stessa frase...non vedo differenza.
 E se invece la mia luce estirpasse il marcio che milioni di anime ti hanno donato con disprezzo?"
Le sfiora le labbra con le sue, fermandosi poco distante.
Respira Nemy, sentendola crescere dentro di lei.
Il battito aumenta, gli occhi nocciola si circondano di rosso, le unghie cercano la sua pelle. Si distacca...torna in sè.
Riprende fiato e lascia a Nemy qualche suo respiro.

                                                         "Perchè vuoi che io perda il controllo?"


Il viso d'avorio. Un lungo squarcio nella pelle, ma non sanguini. Gli occhi, come fredde ferite grigie immobili restano. Sospesi in languidi riflessi diluiti. Arretro nella polvere mentre la luna grida. Sembra essere eternamente notte in questa scatola dalle pareti scrostate. Non vedo come la tua luce possa salvare la mia dannazione. Non vedi? Sono stata gettata nel sangue di questa nuova terra, sputata dalla luna perchè ribelle e carnefice. Non sono l'angelo che salva, sono l'autodistruzione che santifica. Lascio aleggiare le tue parole nell'aria.. conosco la dannazione, la vedo nei tuoi occhi, so che pulsa sfrenata anche nel tuo petto.

                                                                       Il controllo è la sottile lamina di un rasoio. Tu. Non lo hai.


Black l'ascolta, guardandola negli occhi.
S'incanta osservando le sue iridi. Solo quando ha finito, sorride sarcastica. Non riesce a capire cosa voglia Nemy, ma è folle pensare soltanto di resisterle. "Mi piaci...te l'ho già detto, vero?"
Non sa se riferirsi a lei, al suo corpo, alla sua anima, alle sue tenebre.
Ma probabilmente vuole assaggiare tutto.
"Il controllo è la sottile lamina di un rasoio, eh? Già...
Io non ho rasoi, quindi non ho controllo se giustamente provocata.
Sappi solo che non è un gioco, questo. E' più reale di quel che pensi.
Siamo più reali di quel che pensi."

Sono troppe vicine, per allontanarsi.
Black richiude le ali, non vuole più andare via.
Aspetta che Nemy faccia la prima mossa.

"Sto dannatamente bene, qui. Con te."



L'oscurità come liquida pelle addosso. Arretra Nemy nella polvere che respira arretra nel battito che svanisce e sordo sbatte nelle orecchie. Arretra e scappa mentre i tessuti ricristallizzano le vene alla sua perfetta forma. Corre nel buio di violenta bruciata voce, in vortici di vividi riflessi spezzati. Le ali scaraventate a terra. Le pesta nemi, con i piedi nudi, sporchi. Le pesta riempiendole di fango e corre via.





Black, delusa, guarda quella creatura perfettamente imperfetta scappare. E pensare che non voleva nè spaventarla nè farle del male.
"Perchè corri via, adesso? E' troppo tardi...Non sono tua nemica, ma tua amica. Se lo vuoi. Comunque, ti facevo più...si, più pronta a tutto, se è vero che sei dannata. Se è vero che siamo [con]dannate."
Black pronuncia queste parole mentre si porta rapidamente con un salto ad ali aperte davanti a Nemy. Non la lascerà andare via. Il tempo si è fermato in un imperturbabile alibi di intrecci e respiri. Black e Nemy sono di nuovo una di fronte all'altra. Vicine, ma non abbastanza. Forse quel luogo stretto e cupo, torbido quanto un fiume infestato di anime, non le lascia avvicinare. Black guarda Nemy. "Andiamocene da qui!" sussurra mentre la afferra per un polso. Fa sedere Nemy sulla sua schiena e, rapida, si alza in volo. "Ti porto via. Con me." Si lasciano alle spalle la torre e tutto il resto.


Adesso sfiorano il cielo, 
mentre le ali di Black lo feriscono,
 lasciandolo sanguinante di pioggia e desideri.